Fundraising Summary 2016 – dati e numeri dal mondo della raccolta fondi

Negli ultimi anni gli effetti della crisi hanno interessato anche il mondo delle donazioni. Molte organizzazioni hanno visto diminuire il numero dei propri donatori attivi o, comunque, hanno visto un cambiamento nella relazione, con la predilezione di alcuni canali rispetto ad altri.

Osservare cosa accade nell’ambiente in cui un’organizzazione opera e analizzare come nel tempo cambino attitudini, abitudini e comportamenti donativi, diventa un ottimo strumento per costruire la propria strategia di raccolta fondi, soprattutto in ottica di funding mix.

Secondo il “World Giving Index”,report promosso da Charities Aid Foundation (CAF) che studia l’attitudine al «giving» dei donatori di tutto il mondo, l’Italia si posiziona, nel 2015, al 72 posto, con un calo importante rispetto al 2013 in cui invece si trovava, nel confronto con gli altri Paesi, al 22 posto.

La metodologia di analisi utilizzata si basa su una media delle risposte dedotte su alcune “key question” relativamente a tre principali linee d’azione: donazioni monetarie, volontariato e offerta di aiuto. Il trend generale mostra come, nell’ultimo anno, siano percentualmente aumentate le persone che hanno scelto la donazione monetaria, mentre si sono mantenute piuttosto stabili le altre forme di sostegno. Un altro dato che emerge da questa analisi è che, percentualmente, sono di più gli uomini che prestano aiuto e/o offrono il proprio tempo in attività di volontariato, mentre le percentuali tra i due generi sono prossime per quanto riguarda le donazioni di denaro.

Tale dato globale, sicuramente condizionato anche da fattori culturali tipici di alcuni dei Paesi coinvolti nell’indagine, si discosta lievemente da quanto si osserva in Italia, in cui, sul totale donatori, circa il 59% sono donne. Inoltre, analizzando il profilo del donatore italiano si osserva che:

  • il 67% ha più di 45 anni, di cui un 47% è over 55
  • a livello di educazione scolastica si ha una prevalenza di istruzione media, con il 67% di persone con diploma superiore
  • si tratta principalmente di lavoratori dipendenti e/o persone con posizioni non professionali.

Le cause più sostenute sono la ricerca medico scientifica, le emergenze umanitarie, il sostegno ai paesi in via di sviluppo e l’aiuto alle persone in stato di povertà e bisogno in Italia.

Un altro dato generale interessante è quello pubblicato dal rapporto annuale della società americana Blackbaud, specializzata nel monitorare le transazioni monetarie dirette alle organizzazioni non profit, e attiva in 30 paesi del mondo. Secondo quanto riferito da tale indagine, le donazioni al nonprofit sono cresciute ancora nel 2015, anche se a un ritmo più lento rispetto agli anni precedenti: +1,6% del 2015 verso il +2,1% del 2014 e il +4,9% nel 2013. In particolare le donazioni on line hanno registrato, nel 2015, una nuova crescita, pari al 9,2% rispetto al 2014, con un aumento dell’utilizzo dello smartphone: quasi il 14% delle donazioni online sono state effettuate utilizzando i dispositivi mobili, con un incremento di 4,5 punti percentuali rispetto al 2014.

Ma quanto donano gli italiani?

A questa domanda ha cercato di dare una risposta Vita attraverso un’inchiesta che ha prodotto i seguenti risultati: ogni anno il valore complessivo delle donazioni da privati è di circa 11,5 miliardi di euro, di cui oltre 4 miliardi da individui. Malgrado la cifra importante, nel confronto con Paesi come l’Inghilterra e gli Stati Uniti d’America, il valore della donazione media per individuo in Italia risulta piuttosto bassa, con circa 116 euro contro le 162 sterline inglesi e i 753 dollari americani – fonte dati ISTAT e stima di “Vita” sul valore delle offerte alle parrocchie.

Altra cifra importante riguarda i lasciti testamentari. Il valore stimato sul valore economico dei patrimoni potenzialmente oggetto di lasciti a istituzioni non profit è, per il periodo 2004 – 2020, di circa 105 miliardi di euro; di questi, secondo una stima della Fondazione Cariplo, circa 67 miliardi di euro per il periodo 2004-2015. I valori economici complessivi si riferiscono ai patrimoni di circa 340mila famiglie senza eredi. Sono cifre rilevanti, su cui le organizzazioni devono lavorare e investire.

Come preferiscono donare gli italiani? Metodi tradizionali o strumenti 3.0?

Rispetto alle diverse forme e strumenti di donazione, si osserva una crescita importante dell’sms e una sempre maggiore propensione all’utilizzo di internet. L’83% degli internauti italiani, tra i 18 e 64 anni, ha effettuato nel 2014 almeno una donazione, scegliendo di farlo per acquistare un regalo solidale, per sostenere un’organizzazione non profit o per partecipare ad un’iniziativa di solidarietà (tra cui il crowdfunding); tra questi donatori, 1 su 5 ha utilizzato internet per effettuare la propria donazione. Considerando che ogni giorno mediamente 20.000.000 italiani si connettono a internet e, di questi, circa 16.000.000 lo fanno da “mobile”, il potenziale del canale on-line per le donazioni è molto alto – i dati riportati si riferiscono all’ indagine Donare3.0 di DOXA.

Sempre secondo la ricerca Donare3.0 di DOXA, Internet è percepito come il canale più comodo per pagare, doppiando i metodi tradizionali come il bonifico bancario o il bollettino postale. In questo scenario si fa spazio il Crowdfunding; a riscontro di ciò la ricerca evidenzia che, durante il 2014, il 28% degli internauti che hanno donato per un progetto di solidarietà, ha anche partecipato a una campagna di Crowdfunding. Il web si profila quindi come un canale da presidiare, sia per veicolare le informazioni, sia per comunicare con il donatore, anche per dare costante e immediato riscontro sulle iniziative realizzate dalle organizzazioni e sull’effettivo utilizzo dei fondi raccolti. Secondo i dati, infatti, ancora oggi la prima barriera per il fundraising è rappresentata dal timore rispetto alla donazione e dal bisogno espresso di informazione continua e trasparente.

Per quanto i canali tradizionali, tra cui bollettino e bonifico bancario, continuino a rappresentare i mezzi maggiormente utilizzati per le donazioni, il web rappresenta dunque un potenziale importante.

E le imprese? Quanto donano al terzo settore?

Per quanto riguarda le aziende, stando al rapporto della European Venture Philanthropy Association, l’impatto sociale cresce di importanza nelle scelte di investimento. Nelle maggiori imprese mondiali, infatti, un amministratore delegato su tre considera la sostenibilità come una delle priorità strategiche; fino al 2010, questo rapporto si fermava a uno su dieci.

Il Rapporto nazionale Swg per l’Osservatorio Socialis di Errepi Comunicazione sull’impegno sociale delle aziende italiane, indica che ben il 73% delle aziende investe in responsabilità sociale, destinando circa 700 milioni di euro. Non tutte queste risorse sono rivolte però alla filantropia: gran parte infatti viene investito per il welfare aziendale o per sostenere iniziative di riduzione degli sprechi e miglioramento dell’impatto ambientale, mentre solo il 38% va a cause di solidarietà esterne.

Questa stima, seppur già bassa, risulta ottimistica se si guarda ai dati del Ministero dell’Economia, secondo i quali dal 2008 al 2012 le imprese italiane hanno donato in media 299 milioni di euro l’anno, con un picco nel 2008 di oltre 398 milioni di euro per arrivare a soli 254 milioni di euro nel 2012. La generosità delle imprese non è quindi in aumento, ma sta diminuendo: solo 26.786 imprese su 1.411.747, circa l’1,89%, hanno effettuato erogazioni liberali nel 2012, e il trend negativo sembra confermato negli ultimi anni. Le aziende rappresentano dunque un’area a elevato valore potenziale, rispetto a cui le organizzazioni del terzo settore devono agire in modo strategico, facendosi portavoce di una cultura del dono che metta trasparenza e accountability al centro delle relazioni, favorendo così rapporti e partnership fondate su logiche di vantaggio reciproco.

E i contributi da fondazioni bancarie e d’impresa?

 

Cosa fare quindi per stimolare le donazioni? Come devono agire le organizzazioni non profit per attrarre il sostegno di privati e aziende?

I driver che sembrano ancora oggi guidare le scelte dei potenziali sostenitori sono la fiducia nell’associazione, la ricezione di aggiornamenti sull’utilizzo della donazione e la chiara percezione che con la propria partecipazione si contribuisca concretamente al cambiamento. Proprio per questo motivo i fattori che ancora oggi agiscono positivamente sulla propensione a donare sono: il coinvolgimento diretto da parte di persone conosciute e le informazioni raccolte attraverso i mezzi di comunicazione.

Per fare crescere la cultura donativa in Italia si deve quindi puntare a costruire un sistema trasparente di comunicazione e rendicontazione periodiche che permettano ai donatori di fidarsi, così come avviene per le situazioni di prossimità, anche ampliando la platea dei potenziali sostenitori. In questo senso, uno strumento che ben risponde all’esigenza è il web che, per sua stessa natura, è facile da usare, costantemente aggiornabile, potenzialmente interattivo e immediatamente raggiungibile da un ampio insieme di potenziali sostenitori.

Rispetto alle aziende, diventa sempre più importante costruire relazioni basate sul reciproco vantaggio, sposando logiche di collaborazione che, abbandonando il sistema della semplice erogazione liberale, vadano nella direzione di costruire strategie condivise.

 

In sintesi

  • Il “World Giving Index”, indica che, nel 2015, l’Italia si è posizionata al settantaduesimo posto, con un forte calo se si considera che nel 2013 si collocava al ventiduesimo posto.
  • Il valore annuo delle donazioni da privati in Italia si attesta intorno a 11,5 miliardi di euro l’anno, ma la donazione media per individuo, di circa 116 euro, risulta piuttosto bassa se confrontata con le 162 sterline inglesi e i 753 dollari americani; si deve riuscire a ampliare la platea di nuovi potenziali donatori sia investendo su nuovi modelli di comunicazione, sia agendo su modelli di informazione continui e trasparenti, rispondendo a un’esigenza manifesta dei sostenitori.
  • Il valore potenziale dei lasciti testamentari è molto elevato e stimato di circa 105 miliardi di euro per il periodo 2004-2020; è sicuramente un’area di investimento importante per il fundraising.
  • Nel 2014 l’83% degli internauti italiani, tra i 18 e 64 anni, ha effettuato almeno una donazione e, tra questi, 1 su 5 ha utilizzato internet. Inoltre, nel 2014, il 28% degli internauti che hanno donato per un progetto di solidarietà, ha anche partecipato a una campagna di Crowdfunding. Il web si profila quindi come un canale da presidiare, sia per veicolare le informazioni, sia per comunicare con il donatore.
  • Solo l’1,89% delle aziende italiane sostengono il nonprofit attraverso donazioni liberali. Data l’elevata attenzione dei consumatori rispetto all’impegno sociale delle imprese, le aziende rappresentano un’area per il fundraising a alto potenziale, cui approcciare con piani e azioni che vadano nella direzione di costruire strategie condivise secondo logiche di vantaggio reciproco.

a cura di Laura Bartolucci - Responsabile Strategic Unit di Atlantis Company

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